Una prospettiva anarchica e femminista

La pandemia ci invita a riflettere sul tema della salute come terreno di azione politica. Esiste innanzi tutto un dualismo di fondo da precisare: da un lato, possiamo inquadrare il tema “salute” in riferimento a un “sistema sanitario”, cioé nei termini delle strutture e delle istituzioni preposte a monitorare (e presumibilmente migliorare) la salute della popolazione; dall’altro possiamo riferirci alla “salute” nel senso dello “stato di salute” individuale, cioé nei termini di quello che serve a un essere umano per restare o tornare in salute. Non sempre i sistemi sanitari hanno avuto effetti positivi sugli stati di salute individuali, e a volte questi benefici sono stati prerogativa di alcune parti della popolazione escludendone altre. Questa ambivalenza genera peró anche degli spazi di lotta in cui i movimenti possono lavorare per colmare le lacune dei sistemi sanitari. Quindi ci domandiamo: che cosa significa mettere la salute al centro del discorso e della lotta politica? Per rispondere a questa domanda possiamo farci guidare da alcuni esempi storici, che evidenziano sia l’ambivalenza del tema “salute” sia la possibilità di agire favorevolmente su di essa.

Igiene e rivoluzione sociale

Uno dei momenti più importanti per la medicina occidentale è stato lo sviluppo della teoria dei germi nel corso del 1800, e la conseguente popolarizzazione del concetto di “igiene”. La parola “igiene” non rimanda sempre a immaginari positivi. Spesso il concetto di igiene è stato utilizzato in processi di criminalizzazione della povertà, all’interno di discorsi più ampi sul “decoro pubblico”. Ma l’utilizzo repressivo dell’igiene non toglie veridicità alla teoria dei germi, e al fatto che l’incidenza di molte malattie infettive (si pensi al tifo o al colera) sia stata fortemente ridotta grazie a una più vasta implementazione di misure igienico-sanitarie di base. Infatti, la richiesta di una maggiore diffusione di queste misure è stata un punto importante nelle lotte politiche di stampo socialista tra l’800 e il ‘900. Nel 1913 Emma Goldman lodava i progetti di educazione popolare libertaria portati avanti dai sindacalisti francesi, menzionando in particolare “igiene sessuale”, “cura della casa e della prole”, “sanificazione e igiene in generale” tra gli argomenti trattati in questi progetti di portata “fenomenale”. Nel 1920 Sylvia Pankhurst caldeggiava nel suo giornale “Workers’ Dreadnought” l’abolizione del capitalismo e della democrazia parlamentare, da sostituire con Soviet autogestiti. Tra le varie tipologie di Soviet, la Pankhurst indicava un “Soviet domestico” costituito dalle persone che si sarebbero occupate della gestione domestica. Una parte dei compiti del Soviet domestico riguardava proprio i temi dell’igiene e della salute: “efficienza nell’approviggionamento d’acqua, luce, carburante, pulizia e sanificazione, rimozione dei rifiuti, pulitura dei vetri etc”; “strutture per lavarsi e per fare il bucato”; “misure per prendersi cura delle persone malate”. Altra categoria di esempi sono le lotte per la salubrità del posto di lavoro, che vanno dalla richiesta di ambienti lavorativi con condizioni igienico-sanitarie decenti a tutto il tema della salute sul lavoro.

Salute riproduttiva

La salute riproduttiva è da sempre al centro della lotta femminista. Ci sono moltissimi temi e livelli di riflessione sull’argomento, qui ci focalizzeremo su due macro-aspetti. Il primo è l’abuso e la violenza sulle donne perpetrate “in nome” della medicina, e in particolare della salute riproduttiva. Il secondo è quello delle lotte femministe per l’autodeterminazione riproduttiva. Partiamo dal primo tema. Diversi progressi nel campo della ginecologia sono il risultato di abusi nei confronti delle donne. Il cosiddetto “padre della ginecologia”, J. Marion Sims, è oggi famoso anche per la crudeltà con cui operava donne afro-americane in condizioni di schiavitù per i suoi “esperimenti”: procedure effettuate senza il consenso delle dirette interessate e senza alcuna forma di anestesia o sollievo del dolore. Anarcha, Betsey, Lucy sono i nomi di alcune di queste donne. Questi “esperimenti” sono stati tutti fatti in nome della salute riproduttiva delle donne, ma a nessuna delle donne coinvolte è stato chiesto il consenso. Un altro esempio è quello delle sterilizzazioni forzate, pratica utilizzata in operazioni di pulizia etnica e di eugenetica. Anche qui, la giustificazione “ufficiale” è stata spesso legata alla salute riproduttiva, tramite il concetto di “pianificazione familiare”, e alla “salute pubblica” più in generale, cioè precludere la riproduzione a soggetti non “sani” o “normali” o “puri”.

Ma il tema della “pianificazione familiare” è anche uno dei punti di maggior successo del movimento femminista. Sebbene il diritto all’aborto libero e sicuro sia costantemente minacciato anche nei paesi in cui è garantito legalmente, non si puó negare che siano stati fatti enormi passi avanti sul tema. Solo 70 anni fa, nel 1948, Giovanna Caleffi veniva indagata insieme a Cesare Zaccaria per la diffusione di un opuscolo sul controllo delle nascite. Questo evento si inserisce all’interno di un’ampia e capillare opera di informazione sulla contraccezione e la salute riproduttiva portata avanti dalla Caleffi insieme ad altre attiviste anarchiche del periodo. Il loro attivismo era a sua volta parte di una cornice più ampia: le lotte per l’abolizione degli articoli del fascistissimo codice Rocco che vietavano la contraccezione, non solo nella pratica ma anche nella propaganda. Per altro con una giustificazione “medica”: parlare di contraccezione era vietato in quanto crimine contro la “sanità della specie”. Questo articolo sarà abrogato dalla Corte Costituzionale solo nel 1971. Tre anni dopo, nel 1974, l’aborto diventava legale in Italia. Un anno dopo venivano istituiti i consultori familiari, ciliegina sulla torta di un’intensa ed essenziale stagione di lotte femministe.

Medicalizzazione e auto-medicazione

Un ultimo tema interessante riguarda il rapporto tra medicalizzazione e auto-medicazione(?). Il primo termine identifica quei processi attraverso i quali dei fatti o dei comportamenti “naturali” vengono inquadrati all’interno di un discorso medico. Per esempio si puó parlare di una medicalizzazione della sessualità quando preferenze non eterosessuali vengono dichiarate patologiche. Un altro esempio è la critica femminista alla medicalizzazione della gravidanza e del parto. Su questo punto è importante precisare che essere contrarie alla medicalizzazione del parto non significa essere contrarie all’uso di analgesici o alla diagnostica prenatale. Significa reclamare un ruolo attivo della donna nelle scelte che riguardano il suo corpo e la sua salute, quindi il rifiuto di tutte quelle procedure volte più a semplificare la vita del personale medico che a supportare e aiutare le donne.

Il rifiuto di un approccio medicalizzato alla salute è stato anche un catalizzatore del suo opposto: le pratiche di auto-medicazione. Queste pratiche di autodeterminazione nascono dalla necessità di avere un’alternativa ai sistemi sanitari istituzionalizzati. Anche qui il movimento femminista ha avuto da sempre un ruolo centrale. Il lavoro sulla salute non è stato solo un rifiuto delle pratiche medicalizzanti, ma anche una riappropriazione della pratica medica: in qualunque workshop di ginecologia femminista che si rispetti, verranno forniti strumenti sterili e delle indicazioni su come mantenere un ambiente di lavoro igienico. In alcune lotte, è stato (e tuttora è) anche necessario sopperire alla mancanza di conoscenza medica sull’argomento d’interesse. Un esempio riguarda le lotte per l’autodeterminazione delle persone trans* che decidono di intraprendere un percorso di transizione ormonale. La scarsità di letteratura e la difficoltà nell’accesso “istituzionale” a percorsi di transizione hanno portato alla creazione di una rete di ricerca medica “dal basso”. Anche in questo caso non c’è un rifiuto tout-court dell’endocrinologia e delle conoscenze sulla biologia e fisiologia umana: la critica e il lavoro di ricerca riguardano soprattutto la loro applicazione errata o mancata.

Conclusioni

La storia dei movimenti ci mostra che mettere la salute al centro non è solo una possibilità, ma anche una necessità politica. Questa necessità si è storicamente tradotta in due modi: da un lato, la critica agli abusi e alle mancanze del sapere medico; dall’altro, l’appropriazione delle pratiche e delle conoscenze utili a un effettivo miglioramento delle condizioni di vita.

Il nostro mondo pandemico ci apre a un terzo scenario: la necessità di affrontare il tema della salute non più come rivendicazione di gruppi e classi sociali marginalizzate, ma come un tema di riflessione e attivismo generalizzato.

Da questo punto di vista, possiamo fare tesoro del bagaglio di conoscenze ed esperienze accumulato da chi ha già affrontato il tema politicamente. Dai pochi e frettolosi esempi discussi sopra, possiamo iniziare a trarre qualche spunto:

  1. le lotte per la salute sono state efficaci perché trasversali: i cambiamenti su scala maggiore sono stati raggiunti perché si è state capaci di stabilire un dialogo tra le varie sfumature ideologiche dei movimenti politici “socialisti”, e anche con chi essendo all’esterno di questi movimenti ne condivideva le lotte.

  2. le lotte per la salute sono state trasversali perché chiare: questa alleanza è stata possibile perché c’erano delle rivendicazioni chiare e riconoscibili, basate su specifiche rivendicazioni. “Non vogliamo più abortire con il rischio di morire”, si cantava in una canzone femminista: niente di più cristallino.

  3. le lotte per la salute sono state chiare perché necessarie: tutte le lotte di cui abbiamo parlato non sono nate da speculazioni intellettuali sul significato della “libertà” e del “potere”, ma da necessità pressanti e concrete. Si legga di nuovo il testo della canzone citata sopra.

Oggi ci troviamo alla base di questo elenco: mettere il tema della salute al centro è più che mai necessario. Sul breve termine, affrontando insieme l’emergenza sanitaria in corso. Sul lungo termine, iniziando a occuparsi di tutte le mancanze e i problemi connessi al tema “salute” che durante questo momento di crisi hanno ricevuto un’attenzione particolare.

Bibliografia

AAVV, (1976). “Siamo tante siamo belle”, Canzoniere Femminista.

Acciai, E., Balsamini, L., De Maria, C. (2017). Parlare d’anarchia. Le fonti orali per lo studio della militanza libertaria in Italia nel secondo Novecento. Biblion.

Graham, R. (2013). Anarchism: a documentary history of libertarian ideas (Vol. 1). Black Rose Books Ltd.

Pankhurst, E. S. (1993). A Sylvia Pankhurst Reader. Manchester University Press.