Emilia-Romagna, 27 febbraio 2021

 Ci risiamo: la terza ondata Covid sta arrivando in Italia. Tra la campagna di vaccinazione che va a rilento e la diffusione di una serie di varianti del virus estremamente contagiose, marzo sarà un mese campale. Stiamo tornando ad avere numeri drammatici, con centinaia di decessi al giorno, migliaia di nuovi contagi e le curve che riprendono a salire. Bisogna fare più sacrifici, servono più restrizioni. Va bene, ormai sappiamo come funziona. Ci faremo, nuovamente, un paio di settimane in zona rossa sperando di poter festeggiare l’arrivo della primavera con un livello di contagio più gestibile. E invece no: chiudiamo sì, ma non tutto. Blocchiamo sì, ma non tutti. Facciamo che non siamo né rossi, né arancioni. Siamo arancione scuro (e perché invece non rosso chiaro?).

Ma che colore è l’arancione scuro? È il colore del neoliberismo pandemico. Neanche a farlo apposta, è diventato il colore preferito dell’Emilia Romagna di Stefano Bonaccini, uno dei nuovi leader della destra liberale italiana. Nelle zone arancione scuro si può fare praticamente tutto quello che si faceva nella zona arancione, tranne andare a scuola se hai più di 5 anni, visitare amichə o parenti una volta al giorno in un massimo di due persone, praticare sport di squadra all’aperto, visitare mostre e musei, uscire da comuni con meno di 5.000 abitanti. Ah già, non si può neanche andare nelle seconde case: a volte anche a chi è privilegiatə viene richiesto qualche sacrificio. Al tempo stesso i negozi e le attività commerciali consentite in zona arancione restano aperte. Cioè tutte, compresi i servizi per la persona ma esclusi bar e ristoranti se non per asporto o consegne. La produzione industriale continua come se niente fosse. In ambito pubblico viene spinto ulteriormente il telelavoro, ma le imprese private sono libere di fare come meglio credono. Eppure i dati della regione Emilia-Romagna parlano chiaro: il maggior numero di focolai si è registrato in ambito familiare, lavorativo e scolastico.

Nella zona arancione scuro, una persona sola che lavora da casa non può visitare un’altra persona sola che lavora da casa. Ma può passare comunque un pomeriggio cittadino in compagnia di perfettə sconosciutə: aggiustarsi la barba dal barbiere, andare dall’estetista a fare una pedicure, comprarsi un giubbotto all’ultimo grido in un franchising e concludere la giornata con un bel massaggio in un centro benessere. Nella zona arancione scuro, un genitore che non era già in telelavoro si troverà da una settimana all’altra la prole in didattica a distanza, ma dovrà continuare ad andare ogni giorno in ufficio/negozio/fabbrica. Nella zona arancione scuro, non ci sono ulteriori ristori o aiuti economici per imprese, famiglie o individui, e se riuscivi a sopravvivere grazie all’economia informale ora è tutto più complicato perché non hai un motivo valido per uscire di casa. Nella zona arancione scuro, se hai soldi da spendere è più o meno tutto come prima, altrimenti sono cazzi tuoi.

Forse il colore giusto non era l’arancione scuro, e neanche il rosso chiaro. Forse siamo nella zona marrone merda, o in quella nero funebre: la zona in cui i contagi sono alle stelle e invece di bloccare tutto e fornire aiuti economici a chi ne ha bisogno si sceglie la soluzione neoliberista. Chiudiamo qualcosa per far vedere che ci importa della salute, ma non alteriamo minimamente il tessuto economico-produttivo che ha contribuito a questa terza ondata (e alla prima, e alla seconda…). Impediamo alle persone di autogestire le loro frequentazioni quotidiane in un contesto in cui la salute mentale è un problema non più sottovalutabile, ma le lasciamo libere di produrre e di spendere e di tocchicciare cravatte, rossetti, peli, punti neri, scontrini, fatture. Scarichiamo le conseguenze delle nostre scelte sui giovani, impedendo loro ogni forma di socialità, e scarichiamole anche sulla classe lavoratrice, impedendole di fermarsi e di limitare i contatti interpersonali.

Ancora una volta, se i contagi aumentano pensiamo che la soluzione sia una sola: blocchiamo tutto, blocchiamoci tuttə.

E, nel frattempo, sblocchiamo ogni reticenza sul fatto che la pandemia non può essere superata senza un ripensamento radicale del sistema socio-economico che l’ha favorita.