Le Filippine, che registrano circa 930.000 casi di Covid dall’inizio della pandemia con più di 16.000 decessi, stanno affrontando una nuova ondata di contagi ascrivibili a una variante locale, individuata nel mese di marzo. Una situazione particolarmente difficile quella filippina che unisce alla precarietà del sistema sanitario, la densità di popolazione, la frammentazione dell’arcipelago e la scarsità di fondi. Il piano vaccinale ha preso il via molto a rilento con le 117.000 dosi ricevute dal programma Covax (ne sono attese 40 milioni) e le 600.000 di Sinovac donate dalla Cina, a cui ha fatto seguito a metà aprile il primo arrivo di 500.000 dosi dei 25 milioni che il governo ha acquistato da Sinovac. Nell’ambito del programma di vaccinazione stabilito dal governo viene data priorità al personale sanitario, agli anziani, agli indigenti e al personale in uniforme. Sul piano logistico la campagna di vaccinazione è un vero proprio incubo: si tratta di vaccinare 70 milioni di persone in un arcipelago con oltre 2.000 isole abitate e con strutture già abitualmente inadeguate a rispondere alle necessità medico-sanitarie di 108 milioni di abitanti.
Esiste inoltre nel Paese uno scetticismo diffuso, e fatto proprio anche da una parte consistente del personale sanitario,  verso l’efficacia del vaccino o verso i suoi possibili effetti negativi derivante da una fallimentare esperienza di qualche anno fa con la vaccinazione contro la dengue fatta con un vaccino di produzione francese. Impiegato nel 2016 su 800.000 bambini, prima di essere ritirato dal commercio dalla stessa azienda produttrice per i suoi effetti potenzialmente negativi (anche se mai provati scientificamente) su piccoli non esposti in precedenza al contagio, il Dengvaxia ha segnato profondamente la fiducia della popolazione verso i vaccini: le Filippine sono passate in pochi anni dal 10° posto tra le nazioni più favorevoli alle vaccinazioni al 70° del 2020 e i bambini totalmente coperti dalle vaccinazioni dall’85 per cento del 2010 al 69 per cento del 2019.
Tutto questo si somma alla situazione politica estremamente instabile in cui versa il Paese. Da maggio 2016 è presidente Rodrigo Duterte, noto come The Punisher per le sue politiche repressive nei confronti del narcotraffico basate su uccisioni extragiudiziarie. Amnesty International stima che nei primi sei mesi di mandato siano state assassinate oltre 7.000 persone.
Nell’estate 2020, durante la pandemia da Covid-19, Duterte ha criticato aspramente i medici filippini accusandoli di fomentare la rivoluzione nel Paese, mentre chiedevano misure di contenimento più rigide per limitare la diffusione del contagio che aveva raggiunto oltre 5.000 infezioni al giorno.
A un anno di distanza il lockdown nelle Filippine è ancora in vigore perché il presidente, dopo l’iniziale scetticismo, lo sta utilizzando come strumento per rafforzare il proprio controllo sulla popolazione.
Secondo numerosi avvocati per i diritti umani questo modello di lockdown è più di una misura di salute pubblica, è un chiaro tentativo di ridurre lo spazio democratico. Contemporaneamente le vite personali delle cittadine e dei cittadini filippini si stanno deteriorando.
La gestione schizofrenica della pandemia è dimostrata da alcune frasi deliranti pronunciate da Duterte  dal consiglio di “usare la benzina” in caso di assenza di alcool per disinfettare le mascherine, a dichiarare “Se vi contrastano, sparate per ucciderli”  dialogando coi militari che dovevano tenere sotto controllo una manifestazione di persone che chiedevano cibo.
Il Paese è al collasso sul piano economico e sociale; la pandemia ha ricacciato nell’insicurezza anche coloro che avevano minimamente beneficiato della crescita economica. La concentrazione demografica nelle grandi città e l’inadeguatezza dei sistemi di cura ha reso difficile il controllo del contagio; sempre più famiglie sono costrette alla precarietà della strada e a una sopravvivenza stentata: il timore di morire di fame non è secondo alla paura di morire di Covid-19, per milioni di famiglie sono stati registrati negli ultimi mesi livelli gravi di sottoalimentazione.