La situazione pandemica in Bosnia è fuori controllo. Il tasso di mortalità è tra i più alti al mondo, il numero degli ammalati gravi cresce di giorno in giorno, il numero dei contagi giornalieri non viene aggiornato e riporta dati che non rispecchiano il quadro reale della situazione. Sarajevo si sta trasformando nella Bergamo dello scorso anno, i posti di terapia intensiva non sono più sufficienti ad accogliere i malati gravi e le scorte di ossigeno si stanno esaurendo. Nonostante questo, le autorità esitano a introdurre misure efficaci per il contenimento della diffusione del contagio.
Il piano vaccinale nel Paese è sostanzialmente bloccato: dal programma Covax sono arrivate 23.400 dosi, che sommate alle donazioni di altri Stati, arrivano a meno di 100.000 disponibili, numeri che consentono di vaccinare solo il 20% della popolazione e non ci sono voci certe sull’arrivo in tempi brevi di altre dosi in numero significativo. Pare che la Federazione della Bosnia-Erzegovina ordinerà 500.000 dosi di vaccino Sputnik V, così come hanno fatto le autorità della Republika Srprska che, vista la lentezza del meccanismo Covax, ha acquistato il vaccino Sputnik direttamente dal produttore.
La delicata e complicata situazione politica in Bosnia rappresenta uno scaricabarile perfetto per i politici o un alibi per il proprio non-fare: la salute dei bosniaci  è stretta tra le maglie degli interessi politici dei partiti che custodiscono i propri interessi e le proprie posizioni acquisite senza cercare un approccio comune nell’interesse della società.
Il Ministero della Salute federale ha un compito solo di rappresentanza, mentre la responsabilità per le questioni sanitarie è divisa tra le due entità sub-statali: la Republika Srpska a maggioranza serba-ortodossa e la Federazione della Bosnia-Erzegovina a maggioranza bosgnacca (musulmana) e croata (cattolica); c’è inoltre il distretto autonomo di Brčko nel nord-est sotto il controllo di un supervisore nominato a livello nazionale. Va ricordato anche che i dieci cantoni che compongono la federazione bosgnacco-croata hanno anche poteri speciali in materia di sanità.
A questo stato di precarietà va aggiunto un dato che riguarda l’atteggiamento dei bosniaci verso le teorie del complotto: secondo una ricerca realizzata dal Balkans in Europe Policy Advisor Group, la Bosnia-Erzegovina è al primo posto tra i Paesi presi in considerazione per numero di persone che sicuramente o probabilmente non si vaccineranno.
Ad aggravare il disastro bosniaco è la situazione nei campi profughi dove sono bloccati migliaia di migranti provenienti soprattutto da Iraq, Siria, Afghanistan e Pakistan. Ad esempio nel campo di Lipa, vicino a Bihać, dove le condizioni di vita sono estreme, non ci sono servizi adeguati, le condizioni igieniche sono pessime e non c’è la possibilità di mantenere nessun distanziamento, il virus circola in maniera preoccupante.