Nel cuore dell’Oceania, la Papua Nuova Guinea è a lungo rimasta indenne dalla pandemia; ora sta invece facendo i conti con un incremento importante e preoccupante dei contagi. I dati ufficiali, sottostimati, parlano di  più di cento casi al giorno che portano a circa 11.000 il numero totale delle persone che hanno contratto il virus. Ad allarmare è la totale inadeguatezza del sistema sanitario ad affrontare la situazione. In Papua si contano 500 medici e 5000 letti d’ospedale per una popolazione di 9 milioni di abitanti; nel Paese, a causa delle enormi difficoltà nel reperire i medicinali, malattie come la malaria, la tubercolosi e la poliomielite sono all’ordine del giorno. Gli ospedali pubblici sono sovraffollati, vengono eseguiti pochi test e processati con ritardo. Esiste una sanità privata con strutture dove un tampone, che spesso non è comunque disponibile, può arrivare a costare anche 300 dollari australiani. Per un Paese in cui l’85% della popolazione vive in povertà e il 38% vive con meno di 1,90 dollari USA al giorno, significa che sottoporsi a un test è praticamente impossibile per la maggior parte delle persone.

Il piano vaccinale non è sostanzialmente partito. Ad oggi la Papua Nuova Guinea  ha somministrato la prima dose allo 0,001% della popolazione con i vaccini avuti in dono dall’Australia che, separata dalla Papua da un breve tratto di mare, è seriamente preoccupata per la diffusione del contagio nell’intera regione. La richiesta australiana alla UE di un altro milione di dosi di AstraZeneca  da destinare esclusivamente alla Papua è stata respinta dall’Italia in primis che, mettendo in atto un meccanismo di controllo delle esportazioni previsto dal regolamento dell’Unione Europea, ha bloccato l’invio di 250.000 mila dosi giustificandosi con i ritardi nelle produzioni. Sull’isola stanno arrivando in questi giorni le prime 132.000 dosi assegnate dal programma Covax.

Ma il quadro generale in Papua Nuova Guinea è complicato dalla disinformazione dilagante sulla natura del virus e sull’efficacia dei vaccini. La fake news diffuse dai social, Facebook in particolare, hanno molta presa sulla popolazione e rappresentano la più grande minaccia ai piani di vaccinazione del Paese: si va dalla creazione artificiale del virus, ai rimedi casalinghi per contrastarlo, fino a denunce di esperimenti di massa e piani di genocidio ai danni della popolazione.
In aggiunta, data la diffusione del cristianesimo sull’isola, non sono pochi coloro che considerano la fede una garanzia sufficiente per essere salvati dal virus e che temono il vaccino in quanto strumento nelle mani del diavolo. Studi recenti attestano che il 10% della popolazione rifiuta di vaccinarsi e un operatore sanitario su quattro è scettico sui vaccini.