Intervista a Valentina, volontaria per lo studio clinico Soberana Plus Torino sull’efficacia immunogenica del vaccino cubano Soberana Plus

Ci racconti in breve il progetto?

Il progetto a cui ho partecipato è uno studio clinico osservazionale promosso dall’istituto Finlay di vaccini di Cuba e dall’ospedale Amedeo Savoia di Torino insieme ad altri enti internazionali che ne hanno reso possibile la realizzazione. È il primo studio che nasce da una stretta collaborazione scientifica tra Italia e Cuba e l’obiettivo è quello di valutare l’efficacia immunogenica del vaccino cubano Soberana Plus somministrato come dose di rinforzo a persone già sottoposte a due dosi di vaccino approvato Ema (quindi Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson) e a persone guarite da Covid-19. L’interesse in particolare è quello di valutare la capacità del Soberana Plus di riattivare la risposta anticorpale preesistente contro il virus SARS-CoV-2 in schemi di vaccinazione eterologhi e le eventuali reazioni avverse.

Prima di entrare nel dettaglio del progetto è importante sapere che Cuba nel 2021, in pochi mesi, ha sviluppato, grazie alla collaborazione tra diversi istituti pubblici di biotecnologia tra cui l’Istituto Finlay, 5 candidati vaccinali proprietari e pubblici di cui 3 già utilizzati nella massiccia campagna di vaccinazione che ha già raggiunto la quasi totalità della popolazione cubana: Abdala, Soberana 02 e Soberana Plus utilizzato come dose di rinforzo.

I vaccini cubani, a differenza dei vaccini a mRNA e adenovirali, sono di tipo proteico coniugato a subunità, il che significa che contengono un frammento della proteina spike del virus la cui combinazione con un adiuvante permette di attivare la risposta immunitaria da parte del nostro organismo e la produzione di anticorpi. Si tratta di una tecnologia già nota e utilizzata anche per altri vaccini per la quale Cuba ha oltre 20 anni di esperienza e, oltre a essere vantaggiosa perché più semplice e meno dispendiosa (i vaccini proteici non richiedono sistemi di conservazione complessi a basse temperature), è l’unica sviluppata a partire dalla popolazione pediatrica e non presenta reazioni avverse significative.

La prima parte dello studio osservazionale a cui ho partecipato si è svolta a Cuba dal 15 al 25 dicembre 2021, quando un totale di 30 volontari e volontarie da diverse città d’Italia si sono recate a L’Avana dove è avvenuta la somministrazione del Soberana Plus e un percorso clinico di osservazione di 10 giorni in cui siamo state visitate quotidianamente per verificare tutti i parametri medici ed eventuali reazioni avverse che non si sono verificate se non di tipo locale ovvero il semplice dolore al braccio. In questo periodo abbiamo avuto anche l’opportunità di incontrare medici, ricercatori, lavoratori e lavoratrici del settore, visitare gli impianti di progettazione e produzione dei vaccini e sperimentare in prima persona il sistema sanitario cubano.

La seconda parte dello studio sì è svolta il 15 dicembre a Torino con i prelievi che permetteranno le analisi per valutare la risposta degli anticorpi. A fine gennaio/febbraio 2022 saranno presentati i risultati dello studio.

Cosa ti ha spinto ad aderire?

Un aspetto poco menzionato della rivoluzione cubana è l’importanza che la scienza e la medicina hanno rivestito da subito nel processo di riscatto del paese dalla condizione di subalternità e di risposta ai bisogni immediati della sua popolazione. La scelta di formare medici e ricercatori e di sviluppare una scienza, una biotecnologia e una sanità pubbliche sul territorio in un contesto di povertà di risorse e di un blocco economico da parte degli USA che persiste da 60 anni, ha permesso non solo a Cuba di costruire la sua autonomia, ma anche di diventare un riferimento a livello mondiale. Sono tante le occasioni di emergenza sanitaria in cui medici cubani hanno portato il loro contributo in giro per il mondo, e nel caso dell’Italia possiamo ricordare quando a marzo 2020 la brigata Henry Reeve in piena prima è arrivata qui per dare supporto agli ospedali da campo di Crema e Torino.

Il desiderio di esprimere la mia riconoscenza e di offrire un piccolo contributo per la solidarietà internazionale, insieme alla grande fiducia che nutro verso la sanità cubana sono stati i motivi che mi hanno spinta a candidarmi per partecipare a questo studio. E sono felice di essere stata selezionata.

Come hai trovato la sanità cubana, per quel che hai potuto vedere?

La prima cosa che colpisce è la considerazione che i cubani e le cubane hanno per la salute: il principio per cui si tratta di un diritto fondamentale non rimane uno slogan come spesso accade dalle nostre parti, ma è qualcosa di sentito e praticato tanto dalle persone comuni quanto dalle istituzioni.

Il sistema sanitario cubano riceve ogni anno grandi investimenti pubblici ed è stato potenziato durante la pandemia con l’apertura di nuovi ambulatori e presidi territoriali in una rete già significativa da questo punto di vista. La sanità cubana è completamente pubblica ed è caratterizzata da una forte presenza sul territorio con una presenza capillare di medici di base che praticano una medicina umana, di contatto, vicina al paziente come abbiamo avuto occasione di provare in prima persona nel centro di salute internazionale La Pradera in cui siamo stati ospitati. Durante il soggiorno abbiamo visitato anche una struttura ambulatoriale pediatrica a L’Avana per la vaccinazione dei bambini e delle bambine, un centro accogliente nella sua semplicità dove il personale sanitario rende la vaccinazione un momento sereno e consapevole per i e le piccole ma anche per gli adulti. Una volta completato il servizio per l’età pediatrica diventerà un centro di vaccinazione e salute per le famiglie.

Rispetto alla pandemia ho avuto modo di vedere la massima attenzione verso tutte le pratiche per evitare il contagio: uso della mascherina anche all’aperto, distanziamento, igienizzazione e soprattutto una fiducia verso i medici e il sistema sanitario che non genera fenomeni di opposizione. Le persone possono avere dubbi, paura, preoccupazioni e il compito dei e delle professioniste sanitarie così come della scuola e degli organi di informazione è quello di trasmettere consapevolezza, collaborazione e sicurezza.

A Cuba mancano tantissime risorse materiali necessarie per lo svolgimento delle attività mediche, sono mancate persino le siringhe per le vaccinazioni, è stato difficile il reperimento delle materie prime per la produzione dei vaccini e nel momento di picco dell’ondata che ha colpito l’isola la scorsa estate hanno avuto grossi ostacoli anche per ricevere l’ossigeno per le terapie intensive. Nonostante la scarsità e la povertà che sono visibili anche nel contesto sanitario e che per gran parte dipendono dalle politiche di embargo internazionale, la sanità pubblica è riuscita a dare una risposta eccezionale alla pandemia. Per dare un’idea dei numeri, nel momento in cui scrivo quasi il 90% della popolazione ha già ricevuto lo schema completo di vaccinazione e la cosa che mi è sembrata davvero significativa è stata che la riapertura delle scuole, il 15 novembre 2021, è avvenuta soltanto dopo che bambini e bambine avevano ricevuto almeno una dose di vaccino e si avviavano a completare tutto il ciclo di vaccinazione

Cosa ne possiamo trarre come movimenti per la giustizia sociale da questa esperienza? 

Cuba sta offrendo al mondo intero un esempio che potrebbe essere di grande importanza nella gestione di questa pandemia da Covid-19, ma soprattutto offre una prospettiva concreta per trovare una alternativa alla gestione capitalistica della salute, della sanità e della scienza. Il modello cubano, pur nei suoi limiti o imperfezioni, ci dimostra che una biotecnologia e una sanità pubbliche non solo sono possibili, ma sono l’unica valida alternativa per evitare le disuguaglianze di cui questo sistema economico ha bisogno per tenersi in piedi. Fino a quando l’accesso alle cure rappresenterà un privilegio e non sarà universale e finché gli interessi privatistici ed economici saranno prioritari rispetto al valore di ciascuna vita in qualsiasi posto del mondo… avremo ottimi motivi per rimboccarci le maniche e lottare perché non sia più così.