A distanza di un anno, in piena quarta ondata caratterizzata dalla variante Omicron, abbiamo intervista nuovamente Donatella Albini ginecologa, femminista, consigliera comunale a Brescia con delega alla Sanità

Gennaio 2022. La variante Omicron ormai si è diffusa a macchia d’olio e i contagi hanno superato quota 200.000. Qual è la situazione in questo momento? Cosa ci puoi dire tu che ci lavori tutti i giorni e la vedi “da dentro”?

L’incidenza è molto alta, ma lo sapevamo fin da quando, circa un mese fa, si è iniziato a parlare della variante Omicron: clinici, immunologi ed epidemiologi ci avevano messo in guardia sul fatto che Omicron aveva un’altissima infettività, cioè passava più facilmente da persona a persona, e una minor patogenicità, ovvero una minor soglia di malattia Covid in sé. Una notizia di pochissimi giorni fa spiega questo anche dal punto di vista della patogenesi,  pare infatti che questa variante si fermi, se così vogliamo dire, alle prime vie respiratorie e raramente attacchi i polmoni a differenza delle altre, non ultima la Delta che dava quelle pesanti polmoniti che purtroppo abbiamo imparato a conoscere.

I numeri sono molto alti. Continua a esserci un problema nella trasmissione dei dati, che dal mio punto di vista servono solo a dire che l’infezione è molto diffusa, senza fornire dettagli sul tipo di contagio. Infatti i dati non dicono quanti tra gli infetti sono i non vaccinati e quanti i vaccinati e all’interno dei vaccinati quanti hanno ricevuto due dosi al di sotto dei 150-120 giorni, quanti al di sopra dei 150, quanti han fatto una sola dose e quanti erano esentati per patologia. È inutile dare il numero assoluto dei vaccinati e dei non vaccinati perché questi ultimi sono una popolazione molto più piccola. È chiaro che se ci sono dieci non vaccinati positivi su cento non vaccinati è un conto, se ci sono dieci positivi su diecimila vaccinati è un altro. Avere dati non puliti non ci fa capire quello che sta succedendo realmente. Seconda questione: dai dati non emerge quanti ricoverati in terapia intensiva sono non vaccinati e quanti vaccinati sempre secondo la categoria che dicevo prima. Ogni tanto il dato viene fornito, per esempio se sto all’ultima comunicazione ricevuta (5 gennaio 2022) il 78% dei ricoverati in terapia intensiva sono non vaccinati e la restante parte sono persone vaccinate con tre dosi, ma sono anche persone con varie patologie. Ne consegue che in realtà non sappiamo dove arriva la malattia da coronavirus - variante Omicron - e dove inizia la polipatologia e viceversa. Stando a quanto ci dicono i rianimatori rispetto alle forme più gravi questa seconda categoria risponde molto meglio alle terapie che non la categoria dei non vaccinati. E questo non è di poco conto perché la soglia del colore delle regioni è basata su questo dato.

Ci sono anche molti ricoveri nei reparti ordinari. Mi riferisco alla comunicazione dei rianimatori adulti e pediatrici e dei chirurghi perché molto particolare e dolorosa. Ci dicono che i reparti si stanno riempiendo con popolazione non vaccinata, in particolare le pediatrie ricoverano bambini e bambine sotto gli 11 anni anch’essi parte della popolazione non vaccinata. I numeri sono piccoli rispetto alla popolazione di bambini, ma più aumentano i positivi più aumenta il rischio di contagio per soggetti fragili, con difficoltà a monte. Per quanto riguarda gli adulti sottolineo la segnalazione preoccupante della Società Italiana di Chirurgia circa la chiusura dei reparti perché il personale deve dare supporto nei reparti Covid e nei pronto soccorso esattamente come due anni fa. Questo vuol dire posporre gli interventi chirurgici non urgenti perché le sale operatorie non sono disponibili, non c’è personale e non ci sono letti di terapia intensiva per quegli interventi importanti, anche se non urgenti, per i quali si sa a priori che nel post intervento saranno necessarie ventiquattro ore di terapia intensiva. Inoltre non dimentichiamo che la medicina non è 1+1=2 e non è mai possibile prevedere le possibili complicanze di qualsiasi intervento e che situazioni non urgenti, ma trascurate possono diventarlo in poco tempo. Un’ultima criticità che voglio ricordare è quanto segnalato dalla Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche sulla situazione del personale che, nonostante le tre dosi, continua a contagiarsi e, seppur con pochi o senza sintomi, deve restare a casa perché infettivo. Lo stesso discorso vale per i medici. In questo modo i reparti restano scoperti. Mi aggancio qui al penultimo diktat del governo in cui viene detto che chi è positivo, ma con tre dosi di vaccino può andare a lavorare: io credo che questa sia una follia. Pensate solo agli operatori sanitari oppure a coloro che lavorano nelle RSA e nelle RSD e in tutti gli altri luoghi dove ci sono persone che hanno già fragilità importanti per malattia, per non parlare dei senza fissa dimora, dei centri per le persone migranti dove c’è un’altra fragilità, di cui non si conoscono i confini tra sanitaria, fisica, economica, sociale, psicologica perché non esiste. Io mi chiedo come è possibile consentire questa follia. Non sono una che fa critiche a priori perché non mi piace, preferisco essere più propositiva, però abbiamo avuto tutto l’anno scorso per prepararci a nuove ondate. Tutti gli organismi internazionali e la bravissima Nicoletta Dentico l’hanno ripetuto più volte: meno vacciniamo paesi lontani dalla nostra bolla di cosiddetti paesi avanzati, più si genereranno varianti. È logico, perché il virus ha due caratteristiche: è democratico perché colpisce tutti ed è intelligente perché laddove trova un ostacolo si modifica per superarlo. Scusate la terminologia poco appropriata a un virus ma è così. Non a caso la variante Omicron è partita dal Sudafrica dove è vaccinato il 40% della popolazione, non l'80%. È verosimile che in futuro ci saranno altri possibili focolai, ma attenzione, non sono portati qui, come dice sottovoce qualcuno, da chi arriva col barcone - assolutamente no! - i malati restano nei loro paesi, magari muoiono anche e noi non lo sappiamo neppure. Il tema è proprio questo, lo sapevamo. Innanzitutto bisognava istituire una politica di distribuzione dei vaccini che non fosse solo quella di Covax dai paesi avanzati ai paesi non avanzati che non è bastata, bisognava fare una politica forte di investimento internazionale. In secondo luogo si poteva guardare a quello che ha fatto Cuba che ha vaccinato tutta la sua popolazione a partire dai bambini di 2 anni con il suo Soberana III, perché l’I e il II lasciavano qualche margine di rischio. A luglio/agosto dai nostri paesi e anche da Brescia sono partiti interi cargo di mascherine, visiere, C-PAP e siringhe per aiutarli: avevano i vaccini ma non le siringhe. Grazie a questa politica di vaccinazione a tappeto il virus a Cuba è molto residuale. E Cuba è un paese con strutture sanitarie territoriali migliori delle nostre, ma dal punto di vista economico-sociale non è ricco, non è che abbiano appartamenti di nove stanze in cui stare. Per dirla molto papale: Cuba è la dimostrazione che si poteva fare. Questa è la cosa essenziale da dire. La terza cosa è che dovevamo prepararci alle ondate successivi, gli epidemiologi lo avevano detto. I famosi piani pandemici, che abbiamo rincorso durante l’emergenza in cui abbiamo messo toppe, non sono mai stati aggiornati.

Ricapitolando noi ora ci ritroviamo con i nostri ospedali e pronto soccorso che cominciano ad andare in crisi, con le patologie non Covid, che hanno la stessa dignità di essere seguite e curate, che vengono a priori messe da parte. Abbiamo problemi di personale molto seri, mentre il personale andrebbe promosso e tutelato. Abbiamo un’immunologa che ha ricevuto a casa una lettera di minacce con dei proiettili da parte dei no vax: se fino a due anni fa medici e infermieri erano eroi - cosa che io non ho mai condiviso, perché chi fa questo mestiere lo fa perché sceglie di farlo, non è né un santo né niente – oggi sono oggetto di sospetto quando non addirittura di attacco frontale. Di fronte a chi non vuole farsi intubare e rifiuta le cure il personale sanitario vive una realtà assurda con dilemmi etici delicatissimi. Come fai a non intubare una persona che sai che morirà? E nonostante tutto queste persone continuano a irriderti. Manca la tutela del personale. Anche nel mitico PNRR, tradotto poi dalle regioni nei vari modi a volte piuttosto creativi come Regione Lombardia, non c’è un euro per il personale. È tutto incentrato sull’innovazione tecnologica - che serve, perché la telemedicina può avere un senso - e sui muri. Se ristrutturi un ospedale o realizzi la rete territoriale di case di comunità che personale ci metti? A meno che - e qui arriva il mio cinismo – non utilizzi cooperative di infermieri e di medici che sono già pronte perché hanno rapporti di lavoro più “liberi”, diciamo così. Abbiamo inoltre un problema nelle RSA e nelle RSD dove il personale infermieristico, sottodimensionato, ha contratti di assunzione diversi rispetto al personale ospedaliero e vengono pagati molto meno. Allora mi chiedo: come mai le organizzazioni sindacali non se ne sono accorte fino a ora? Come mai il governo lo scorso anno non ha pensato a una contrattazione unica del personale sanitario e di chi lavora attorno alla sanità per cui dovunque questi esplicitino la loro professione devono avere la stessa norma contrattuale? Non si vive di aria e di ideali, questo lo facevamo quarant’anni fa. Si vive anche di pane. Credo che queste siano cose che nessuno deve avere paura di mettere sul tavolo.

Ultima cosa. A maggio io e l’assessore all’istruzione del Comune di Brescia, d’accordo con il clinico pediatra, con il clinico infettivologo e con il clinico microbiologo - tra l’altro gli ultimi due sono presidenti delle società italiane quindi non sono gli ultimi scartini e il primo è presidente della società lombarda di pediatria - siamo andati alla nostra ASST dicendo che il Comune era disponibile ad acquistare i tamponi per tamponare tutti i bambini delle materne e delle elementari esclusi dal vaccino per avere una fotografia della situazione confrontabile con il rientro a scuola. Ci hanno detto di no perché non serviva a niente. Adesso Figliuolo che proposta sta facendo? Di tamponare i bambini. Ma è ovvio, perché è necessario avere una fotografia! E naturalmente adesso tutti si accoderanno a questa scelta. Io sono arrabbiata, perché probabilmente qualche piccolo strumento di previsione potevamo averlo, invece siamo ancora in una situazione di grandissima sofferenza; il personale sanitario e tutti quelli che girano intorno a questo lavoro sono sfiduciati, stanchi, oppressi anche da insulti. E vi assicuro che la cosa per chi lavora con turni massacranti non è gradevole. Credo che di questo abbia grandissima responsabilità chi finora ha governato la politica in senso lato, sanitaria e sociale, del nostro paese e delle nostre regioni.

 

Ci stai dicendo che il quadro attuale è caratterizzato da una grossa impreparazione e da una volontà politica che sottende a questa impreparazione. Abbiamo avuto due anni per capire, se a marzo del 2020 non sapevamo nulla ora dovremmo essere più preparati e consapevoli. Ma non è proprio così; come dici tu è un problema di volontà politica.

E di affrontare la politica sanitaria. E io divento ancora più cinica. Adesso la discussione politica non è più sul Covid, ma sul Presidente della Repubblica e del Consiglio. Come se adesso l’unico tema fosse questo. D’altro canto se pensiamo alle ultime decisioni sulla gestione della pandemia è chiaro che sono state prese dando un colpo al cerchio e uno alla botte, un colpo a Lega e FdI che sono sempre stati contrari all’obbligo vaccinale e hanno sempre proposto i tamponi per i lavoratori. Infatti nel decreto del 29 dicembre 2021 non si parla di obbligo vaccinale, ma del fatto che i lavoratori devono essere costantemente tamponati; ieri 05 gennaio 2022 è uscito un nuovo decreto che prevede l’obbligo vaccinale dai 50 anni in su. Che poi è curioso perché 50 anni e non gli altri, la sensazione è che vogliano farlo digerire lentamente alle forze politiche contrarie all’obbligo. A me viene da pensare che tutto questo sia legato al fatto alle manovre per arrivare a un nome condiviso da centrodestra e centrosinistra per il Presidente della Repubblica, per cui in questo momento non bisogna disturbare i manovratori. Inoltre nell’ipotesi di possibili elezioni anticipate quei sei milioni di no vax sono voti che contano. Io ho una visione della politica molto diversa. Ho sempre apprezzato il Ministro della Salute che si è trovato a gestire una cosa al di là delle conoscenze, però se ricopri quel ruolo hai il mandato costituzionale di tutelare la salute della collettività oltre che dei singoli. Se il governo di cui fai parte non persegue questa strada e continua a usare questi bilancini, che sono un insulto alle cittadine e ai cittadini, ti devi dimettere. Se non tuteli la salute, nemmeno l’economia va più avanti. Se fai lavorare i positivi e se su venti lavoratori dieci diventano positivi con la polmonite, quei dieci lì non lavorano più. Se il governo attua questi provvedimenti per equilibri politici devi esprimere il tuo dissenso e dimetterti perché sei il punto finale e iniziale della tutela della salute pubblica. Te ne vai e apri una crisi di governo. Aprirla su questa questione vorrebbe dire aprirla su qualcosa che tutti i cittadini e le cittadine capiscono.

Io sono davvero arrabbiata, delusa e mi chiedo a cosa serva tutto questo nostro gran da fare con il pensiero, con lo scritto, con la pratica o come faccio io rispondendo alle telefonate. Io continuo a destreggiarmi tra le domande più disparate, ma faccio fatica.

Altro tema a cui potevamo pensare prima, quando a settembre eravamo tranquilli, se così si può dire, è quello dei Covid hotel per le persone dimesse ancora positive, oppure comunque defatigate, oppure che hanno case non adeguate per il decorso della malattia. Ho dovuto chiamare il Prefetto il 23 dicembre 2021 facendogli presente che nessuno si stava attivando; finalmente la Regione Lombardia ha individuato tra Brescia e provincia tre Covid hotel - prima ce n’era uno solo a Milano per tutta la regione, con il numero di contagi che abbiamo qui – ma sono stati aperti solo per dimessi dagli ospedali ancora positivi, non per le persone che vivono in situazioni di difficoltà  a cui va dato comunque dato appoggio. Ci sono strutture ricettive che mi chiamano dicendo che sono disponibili, ma nessuno le contatta. La situazione è molto delicata, l’attenzione va data anche a chi è a casa e non può stare con bambini positivi. Non tutti hanno tre camere una per figlio e tre bagni… È chiaro che un bambino positivo infetta tutta la famiglia, quindi il papà e la mamma non andranno a lavorare e gli altri fratelli e sorelle non andranno a scuola. Ho l’impressione che l’ultimo dei temi nella politica di governo e a cascata anche delle regioni sia essenzialmente di continuare a sostenere le varie associazioni economiche e di categoria – da Confindustria, a Confesercenti, a Federalberghi - invitando tutti, ad esempio, ad andare a sciare e a godersi le vacanze di Natale. Infatti tutte le regole più restrittive sono entrate in vigore dal 10 gennaio 2022, a vacanze finite.

Sono veramente molto avvilita e credo che chi ha un pensiero altro debba necessariamente metterlo in gioco pubblicamente dicendo senza mezzi termini queste cose perché sono preziose quanto banali, ma queste sono le vite delle persone. Io rimango in pista, chiedo davvero attraverso di voi che chiunque abbia un pensiero o una pratica diversa la metta in gioco, che sia con uno scritto, sui social, attraverso un’attività concreta e pratica, ma dobbiamo farlo, dobbiamo “sfondare” questo muro del Parlamento che si chiuderà come fosse il conclave dei cardinali per decidere chi ci deve governare e chi deve fare il Presidente della Repubblica. Mi fermo qui.

Condividiamo l’appello che fai di agire per un pensiero altro e per delle azioni conseguenti. La sensazione dominante che si percepisce tra le persone è un’altra volta il senso di abbandono, a partire dal discorso della ripresa delle scuole: anche lì non abbiamo fatto passi avanti.

Sulla ripresa delle scuole confermo quello che ho detto. Devo capire perché il CTS venga ascoltato in alcune occasioni e in altre no. Poco più di un mese fa quando partì l’osservazione della variante Omicron qualcuno invitava a chiudere prima le scuole per le vacanze di Natale e a riaprirle qualche giorno dopo. Ricordiamoci che il problema non sono solo le scuole, ci sono anche i trasporti pubblici che i ragazzi utilizzano, non basta ridurne la capienza. Bisognava agire prima del momento di massima diffusione. La scorsa settimana abbiamo incontrato insieme ai pediatri circa duecento genitori di bambini e bambine delle elementari che dovrebbero vaccinarsi. Ci hanno fatto molte domande, ci hanno lasciato gli indirizzi email per avere notizie scientifiche, ma non avete idea del tipo di domande che ci hanno fatto! È evidente che la fonte di informazione principale è la rete. La clinica pediatrica ha fatto slides molto semplici da far girare nelle scuole perché dobbiamo iniziare a pensare anche alla vaccinazione dei più piccoli come ha fatto Cuba. Riaprire le scuole in piena pandemia è l’errore più grosso che possiamo fare. Sicuramente la DAD ha penalizzato moltissimo bambini/e ragazzi/e, ma con una situazione di contagi come quella attuale si può pensare di andare avanti una settimana in più in giugno.

Che trasformazioni hai visto nelle persone in questi due anni, le persone che incontri che ti chiamano al telefono che senti tutti i giorni e soprattutto che trasformazioni vedi da qua in poi?

Trasformazioni… diciamo che ci sono almeno due trasformazioni. La prima è che uomini e donne stanno più chiusi in casa, c’è una crisi brutale dell’associazionismo perché non puoi più incontrarti, perché hai avuto problemi di malattia. Il fatto di non incontrarsi fisicamente è un problema, due anni di carenza di incontri pesano. Dal punto di vista individuale le persone si fidano troppo della rete anziché fidarsi di chi ne sa. Ricevo ancora molte telefonate, ma non sono più quelle di prima, di chi non respirava o non aveva bombole di ossigeno, adesso sono persone che mi interpellano con decisioni già prese e cercano solo una conferma. È proprio diverso l’approccio, la gente si fida meno di chi può tessere relazioni. C’è infatti il tema della relazione col sanitario: la gente ha paura di andare nella struttura pubblica e si precipita nel privato perché fino a quindici giorni fa il privato non ricoverava malati Covid. Quindi il privato accreditato ha sempre viaggiato coi suoi soliti standard, mentre il pubblico ha cominciato a chiudere i vari reparti. Di conseguenza pazienti che necessitano di prestazioni come possono essere radiografie o risonanze scelgono di rivolgersi al privato per timore di infettarsi nel pubblico.

Inoltre c’è meno fiducia nei medici; ho colleghi di pronto soccorso che sono disperati per gli atteggiamenti di alcune persone che pretendono di essere curate prima dei pazienti Covid. Ma non è così che si fa, non è mica vero che siamo diventati o diventeremo tutti migliori.

Quando penso a pratiche altre penso proprio a questo:al tornare a pensare che noi che siamo qui a parlare e a confrontarci abbiamo un privilegio, ma c’è chi non ha accesso a internet, non ha strumenti culturali, non ha le parole per dirlo e subisce molto di più quanto sta succedendo. Quindi chi come noi può permetterselo deve mettersi a disposizione non per carità pelosa o parrocchiale, ma condividendo saperi scientifici dati in termini semplici per offrire strumenti di scelta.

L’obbligo vaccinale per tutti, e spero da marzo anche per le materne, è l’unico modo per aiutarci a vivere bene insieme. Queste sono le cose su cui noi dobbiamo spingere. Non possiamo pensare che un’azienda vada avanti perché quelli fino a 49 anni non si vaccinano e quelli dai 50 in su sì: così è chiaro che si creeranno sempre più sacche di furbetti. Dobbiamo tornare ad avere rispetto uno dell’altro e di noi stessi e a praticare la solidarietà, che è il nostro valore più profondo e più vero, e chi più ha, non solo economicamente, ma anche dal punto di vista del sapere deve metterlo a disposizione. Trincerarsi dietro un pc o dietro una pagina social per elaborare le proprie teorie è inutile, bisogna mettersi in campo. Servono scelte politiche, servono scelte di tutti e tutte.