Terza intervista a un lavoratore della scuola

Le scuole superiori dovevano riaprire il 7 gennaio, adesso si parla dell’11 gennaio. Cosa avete capito da dentro? È verosimile questa data?

Da dentro la data dell’11 gennaio pare credibile solo in parte. Sicuramente non per molte regioni, forse per altre. Al di là della data il problema vero è che si ripartirebbe in presenza nelle stesse condizioni in cui si è chiuso.

Non si è quindi fatto nulla per rimediare agli errori fatti a settembre/ottobre? Siamo ancora nella stessa condizione?

Solo qualcosa sui trasporti in alcune regioni. Ma è evidente che il nodo trasporti è solo uno dei fattori di propagazione del contagio. Penso che sarebbe onesto e doveroso ammettere che la scuola e tutto quello che ci gira intorno sono un ambito di diffusione del contagio e che i lavoratori e le lavoratrici della scuola, così come gli studenti, abbiano il diritto di tornare in sicurezza.

Se la scuola dovrebbe essere prioritaria come viene rivendicato da più parti da inizio pandemia, non dovrebbe essere altrettanto prioritario il vaccino per tutte le persone che vivono la scuola (studenti, docenti, personale ATA, etc.)?

Sì, sicuramente. Credo che, senza scavalcare altri gruppi sociali a cui è stata giustamente data priorità, certamente il ritorno a scuola dei lavoratori e delle lavoratrici debba avere come condizione il vaccino; ciò dovrebbe essere un impegno del governo. Ma soprattutto – e questa è la cosa che ci riguarda – dovrebbe esserci una pressione dal basso perché le vaccinazioni siano effettivamente rapide e di massa. Gli stessi sindacati, le associazioni di categoria, i movimenti che ritengono prioritaria la scuola dovrebbero rivendicare il diritto alla salute, che in questa fase si concretizza anche nel vaccino.

Potrebbero così andare di pari passo diritto alla salute e diritto alla scuola?

Sì, finalmente. Allo stesso tempo sarebbe egoistico e ciecamente corporativo fare una battaglia per la vaccinazione del solo personale scolastico scavalcando altri gruppi o settori sociali. Si tratta qui di allargare la mobilitazione affinché il vaccino sia garantito a tutte indipendentemente dalla condizione sociale e dalla latitudine in cui si vive.

In sostanza per coniugare i due diritti a cui fai riferimento a me pare prioritario: reclamare la vaccinazione di tutte e tutti coloro che vivono la scuola (non solo gli insegnanti quindi, ma anche gli amministrativi, il personale ATA, gli studenti) come condizione necessaria per il rientro in presenza; farlo insieme ad altri settori della società senza “sgomitare” per sopravanzare il prossimo.

Inoltre, a mio modo di vedere, questa campagna di vaccinazione generalizzata su cui si dovrebbe concentrare anche il nostro sforzo dovrebbe andare di pari passo con nuovi lockdown veri. Un liberi tutti durante la fase di vaccinazione sarebbe deleterio. In questa fase questi mi paiono alcuni punti base per un agire necessariamente solidale che partendo dalla scuola includa la società tutta.