Intervista a Donatella Albini, ginecologa, femminista, consigliera comunale a Brescia con delega alla Sanità.

La questione dei vaccini rischia di creare paesi di serie A che, stando a quanto ci dicono, potranno vaccinare tutta la popolazione entro il 2021, e paesi di serie B che non avendo le risorse finanziarie dovranno fare i conti con il Covid ancora chissà per quanto tempo. Far sì che lo strumento di lotta alla pandemia non sia regolato dalle leggi del mercato è una scelta politica: cosa si può e si deve fare per avere vaccini per tutti?

Sui vaccini c’è veramente tanto da dire. Partiamo dal fatto che i vaccini non ci sono e ci sono indirizzi confusi rispetto alle categorie da vaccinare. Al momento sono garantite le seconde dosi per il personale sanitario e socio sanitario. Fino a quindici giorni fa questa categoria non includeva il personale del privato accreditato senza letti di degenza, ad esempio i consultori accreditati, ed erano escluse anche le cooperative che fanno assistenza domiciliare, ovvero categorie fondamentali per il mantenimento della salute delle persone. Allo stesso modo nella fase iniziale non erano previste nemmeno le vaccinazioni per i medici che fanno libera professione negli ambulatori privati accreditati e addirittura i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta avrebbero dovuto farlo dopo i sanitari e socio sanitari. Da circa dieci giorni è arrivata la disposizione per cui anche questo personale inizialmente escluso è entrato nel piano vaccinale.
Pfizer però sta ritardando le consegne, pare per uno sgarbo istituzionale, a conferma di quanto poco eticamente si stiano muovendo le grandi industrie farmaceutiche che hanno in  mano la salute delle persone. Del vaccino di Moderna ci sono meno dosi disponibili perché lo Stato ne ha acquistate in numero minore, ma anche la somministrazione di questo è complessa perché va comunque conservato a -20-30° ed è quindi destinato alle categorie protette.
Il vaccino AstraZeneca è quello che di fatto ci consente di fare la vaccinazione di massa perché può essere conservato a 2-3° e somministrato in una sola dose; dovrebbe essere approvato dall’AIFA il 29 gennaio, ma in realtà la produzione è stata rallentata.

Questo è il quadro. Non abbiamo a oggi i vaccini per i residenti nelle RSA e nelle RSD e per gli over 80, questo significa ritardi anche per le categorie successive - 69/80 anni e persone con più patologie croniche - e di seguito per la popolazione tutta.
Voglio ricordare che il Consiglio d’Europa con una nota del 19 dicembre invitava tutti gli stati membri a programmare le vaccinazioni “presto e bene”. Il presto è legato al fatto che se noi non vacciniamo velocemente il più alto numero possibile di persone il virus, come abbiamo visto, muta e se muta ci ritroviamo nella situazione di difficoltà in cui sono già alcuni paesi, pensiamo alla mutazione inglese, a quella sudafricana, brasiliana e pare adesso quella francese. Le mutazioni non sono eventi inattesi, il virus non è altro che un “rotellino” di materiale genetico, sostanzialmente una cellula, che per difendersi dall’aggressione del vaccino modifica il suo DNA e diventa resistente al vaccino. Quindi dobbiamo vaccinare più persone possibili nel più breve tempo possibile per evitare le mutazioni. La raccomandazione forte e chiara del 19 dicembre diceva di vaccinare le persone a rischio entro metà marzo e partire subito dopo con la vaccinazione di massa per arrivare ad aver vaccinato entro metà giugno almeno il 50% della popolazione, meglio se il 70%.

Il lavoro di approccio ai vaccini compete al governo centrale, non lo possono fare i comuni, non lo possono fare le regioni. E qui è importante ricordare una proposta della Rete Dico32 e Medicina Democratica che chiede di togliere il brevetto ai vaccini che consentirebbe a case farmaceutiche nazionali anche piccole di produrlo. Oppure si può chiedere ai governi “ricchi” che una parte dei fondi che arrivano dall’Europa vengano destinati ad acquistare il brevetto perché questo consentirebbe di darlo ai paesi più poveri, che non sono in grado di acquistarlo dai colossi farmaceutici, i quali nemmeno li considerano. Conosco poco il vaccino cubano, so che è un ottimo prodotto, ma so che si è un po’ perso nei meandri: quello è un vaccino pubblico, dello stato, ed è un po’ l’operazione che vorremmo venisse fatta anche nei paesi cosiddetti “ricchi” - cosiddetti perché la sofferenza sociale sta dilagando - con il denaro che avranno a disposizione.

Stanno girando in rete anche diverse notizie sulle fasi sperimentali del vaccino. Le fasi di sperimentazione sono degli step fondamentali. Pare che Pfizer e Moderna siano tra le fasi 3 e 4 e nonostante questo abbiano messo in commercio il vaccino. Vaccinarsi è un atteggiamento di attenzione verso se stessi e verso gli altri, verso le persone segnate da fragilità.

Ora il governo deve raccattare, nel vero senso della parola - la Germania ad esempio ha preso anche Sputnik, quello russo - quanti più vaccini possibile e bisogna mettere in campo subito, -  è già tardi - il programma di vaccinazione di massa. Per fare una vaccinazione di massa serve l’assoluta condivisione, e la piena collaborazione e il sostegno dei comuni perché sono quelli che hanno in mano la rete più diffusiva possibile. Qui a Brescia abbiamo proposto questa linea anche attraverso la stampa locale, ma questo ha indispettito le aziende sanitarie, governate come sapete da soggetti nominati dalla regione, perché sostengono che non siamo noi a decidere le modalità per le vaccinazioni. Noi abbiamo messo a disposizione due palazzetti dello sport, le sedi decentrate dei quartieri, la protezione civile che ha già allertato i volontari per la logistica, i medici e gli infermieri, addirittura l’associazione industriali, che qui è piuttosto forte, ha comunicato di avere a disposizione ambulatori, medici e infermieri e di aver già un accordo con le organizzazioni sindacali per vaccinare nelle grandi aziende i lavoratori e le loro famiglie, mi hanno persino girato gli elenchi delle persone da vaccinare, elenchi che a questo punto ho girato non solo alle ASST, che sono gli enti erogatori, ma anche al prefetto perché secondo me è un problema di tutela della salute pubblica. La risposta delle aziende sanitarie è il silenzio. Ho chiesto ad ATS, che è uno degli enti che dovrebbe governare tutta la questione dei vaccini sul territorio, un incontro con l’assemblea dei sindaci, le ASST e le associazioni dei comuni perché voglio che ci dicano a che punto siamo: sul tavolo noi mettiamo non solo le strutture, ma il personale amministrativo e il centro statistico in grado di offrire in tempi rapidissimi tutti i dati sulla popolazione. Loro?

E’ poi necessario fare interventi proattivi per informare le persone su cos’è il vaccino e perché vaccinarsi.

Io ho fatto il vaccino. Ho visto come si muore di Covid, ho visto e sentito la sofferenza di diversi colleghi, la morte da Covid è disumana e disumana è la sofferenza derivante da questa malattia. Se non è vero che non ti fa più ammalare, quanto meno non ti manda in rianimazione.
Non sono per l’obbligo statale del vaccino, anche se, come ha ricordato Michele Ainis, in Italia è già successo con la vaccinazione antipolio, ad esempio, che venne resa obbligatoria, tant’è che la poliomielite è scomparsa. Forse sono un’ottimista e un’ingenua e conto ancora sull’intelligenza delle persone per cui credo che le persone debbano capire l’importanza di vaccinarsi, soprattutto le persone che vivono a contatto con le fragilità più disparate avrebbero il dovere di vaccinarsi come dovere di relazione corretta di cura. Occorre fare comunicazione sinergica tra i vari soggetti in campo – medici, specialisti e comuni – che arrivi alle persone non solo attraverso i social, ma mettendoci la faccia anche se solo attraverso uno schermo.

Dobbiamo fare presto e bene hai detto. Sul presto come siamo messi?

Pfizer dovrebbe mandare la prossima settimana un 25% di dosi in più rispetto a quello che aveva detto. Ma Pfizer, ripeto, non è il vaccino che ci consente la vaccinazione di massa e pare non sia adatto agli over 80 perché è RNA puro, non è vaccino inattivato. Di Moderna non si sa più niente, ma sono poche dosi e anche quello non è per la vaccinazione di massa. A noi interessa che arrivi AstraZeneca. Su questo possono e devono lavorare a fondo il governo e l’Europa, ma noi dobbiamo lavorare da ora per preparare le condizioni per poter effettuare la vaccinazione. Supponiamo che a fine marzo – per essere ottimisti – arrivi AstraZeneca: se non abbiamo pronto tutto, prima di maggio le vaccinazioni non riescono a partire. Dobbiamo predisporre le sedi, il personale, la modalità di chiamata, ora hanno dato la disponibilità a somministrare i vaccini i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta - prestazione che non eseguiranno gratuitamente, ma per la quale hanno raggiunto un accordo per cui riceveranno € 6,40 per ogni dose di vaccino fatta.

Ecco, mi preoccupa il fatto che sul piano logistico a livello pubblico non si stia facendo più tanto per arrivare preparati quando avremo i vaccini. Allo stesso tempo ricevo chiamate dai privati accreditati e da Confindustria che su questo piano dicono invece di essere pronti e non mi stupirei se qualcuno di loro mi dicesse che provvede autonomamente ad acquistare i vaccini. Sul nostro territorio ci sono grosse aziende, come la Beretta ad esempio -  non per santificarla, né per sponsorizzarla tutt’altro, sia chiaro – che ha la possibilità economica di acquistare il vaccino per la popolazione di una città intera. Se io chiedessi loro di comprare il vaccino cubano – ad esempio – lo comprerebbero di certo, così continuerebbero a lavorare passando anche per benefattori dell’umanità!
Bisogna muoversi, ognuno facendo la propria parte, mettendo in campo sinergie tra comuni. Fare la vaccinazione di massa vuol dire poter riaprire le scuole in sicurezza, cosa rispetto alla quale c’è un’amnesia politica, vuol dire far ripartire l’economia delle piccole imprese e la vita di relazione delle persone.

Quando sentiamo parlare di vaccini non si citano mai le persone migranti, regolari o irregolari. Quale sarà l’iter per queste persone? Pensare di raggiungere l’immunità di gregge senza considerarle è praticamente impossibile

Il decreto del Ministero della Salute che individua le categorie per l’iter vaccinale dice una cosa molto importante e non scontata e cioè che tutte le persone residenti sul territorio italiano a prescindere dal fatto che siano immigrati o immigrate regolari, che abbiano il permesso di soggiorno, siano in attesa di permesso o richiedenti asilo, hanno diritto all’erogazione del vaccino. Questa è una questione chiave rispetto all’equità e universalità di accesso. Su quest’ultimo aspetto è importante però aprire una parentesi che va oltre il vaccino: c’è il grande tema delle liste d’attesa nell’erogazione delle prestazioni sanitarie dove il criterio di equità e universalità è completamente saltato. In Lombardia, ma credo valga anche per altre regioni, le liste d’attesa nella sanità pubblica si stanno sempre più allungando, le prestazioni private parallelamente stanno sempre più aumentando mettendo in discussione la legge 833 che prevede appunto l’equità e l’universalità di accesso alle prestazioni sanitarie. Negli ultimi dieci giorni ho ricevuto almeno cinque comunicazioni da cittadini e cittadine che lamentano ritardi nell’erogazione delle prestazioni nelle strutture pubbliche a fronte del fatto che le strutture private fanno offerte “a basso costo” che attirano pazienti.

Non credi che la campagna di informazione sulla vaccinazione dovrebbe avere anche uno sguardo storico rispetto a cosa è significato in passato vaccinare tutta la popolazione per alcune malattie, come il vaiolo e la poliomielite?

Sono assolutamente d’accordo. Nell’opera di convincimento intelligente e non per spot della popolazione bisogna partire sempre dalla storia. Proprio sull’ultimo numero di Salute Internazionale viene fatto un riassunto storico della vaccinazione antivaiolosa, obbligatoria nella maggior parte dei paesi tra cui l’Italia, che è interessante leggere.
[…] I risultati furono straordinari: il Sud America si liberò dal vaiolo nel 1971, seguito dall’Asia (1975) e dall’Africa (1977). L’ultima persona che si ammalò (e poi guarì) dal vaiolo fu Ali Maow Maalin, un cuoco dell’ospedale di Merca, Somalia: era, appunto, l’ottobre 1977. Il successo dell’operazione – “the biggest achievement in international public health” – fu giustamente attribuito all’autorevolezza e all’efficienza dell’OMS, presente e vigile in ogni Paese. E alla statura tecnica, ma anche politica, del suo Segretario generale,il medico danese Halfdan T. Mahler […].

Il tema dell’autorevolezza e dell’efficienza tecnica è il quadro preciso. Questo per dire che se noi parliamo di vaccinazione di massa abbiamo bisogno di autorevolezza degli interlocutori - governo/regioni/comuni e nelle regioni metto anche le strutture sanitarie perché non tutti i cittadini sanno che la struttura sanitaria è governata dalla regioni. Gli indirizzi generali devono arrivare dal governo e sulla base di questi le regioni devono agire operativamente. E non il contrario.